Sismabonus e responsabilità del tecnico: come si calcola il danno per omesso deposito dell'Allegato B

La sentenza del Tribunale di Verona n. 288/2025 chiarisce le modalità di risarcimento in caso di perdita del Supersismabonus

di Pietro Adami - 03/06/2025

Cosa accade se, per un errore tecnico, si perde l’accesso al Supersismabonus ma si può ancora fruire del Sismabonus ordinario? E come si calcola, in termini giuridici ed economici, il danno subito dal committente?

A queste domande ha dato risposta il Tribunale di Verona che, con la sentenza dell’8 febbraio 2025, n. 288, ha esaminato il caso di due committenti che hanno convenuto in giudizio il professionista incaricato della progettazione strutturale degli interventi di ristrutturazione, ritenendolo responsabile per il mancato accesso alle detrazioni fiscali previste dall’art. 16, comma 1-quater, del D.L. n. 63/2013, relative al cosiddetto Sismabonus, sotto forma di detrazione IRPEF per le persone fisiche.

La condotta omissiva e la richiesta di risarcimento

A fondamento della domanda, i committenti avevano contestato l’inadempimento del professionista, accusandolo di aver omesso il deposito dell’asseverazione sismica (Allegato B al D.M. n. 58/2017) contestualmente alla presentazione della SCIA.

Un’omissione che aveva impedito l’accesso al Supersismabonus con detrazione al 70%, lasciando tuttavia impregiudicata la possibilità di fruire del Sismabonus ordinario al 50% previsto per gli interventi di ristrutturazione.

Da qui la richiesta di risarcimento per “mancata detrazione”, che il Tribunale ha valutato in maniera tutt’altro che meccanica, andando oltre il semplice confronto numerico tra le due aliquote.

Le difese del professionista e la domanda riconvenzionale

Il professionista si è costituito in giudizio contestando sia la sussistenza di un danno risarcibile, sia la quantificazione proposta dai committenti.

Ha inoltre proposto domanda riconvenzionale, chiedendo la condanna degli stessi al pagamento della somma ancora dovutagli a saldo del proprio corrispettivo, somma che – come emerso dagli atti – risultava pacificamente non contestata.

La CTU contabile e la prima quantificazione del danno

Esaurita la fase preliminare e falliti i tentativi di conciliazione, il Tribunale ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio contabile per determinare l’effettivo lucro cessante eziologicamente ricollegabile alla condotta inadempiente del professionista.

Il consulente aveva inizialmente quantificato il danno detraendo, dal valore complessivo detraibile ai fini IRPEF (pari al 70% delle spese sostenute), l’importo che i contribuenti avrebbero comunque potuto teoricamente detrarre al 50% in dieci anni.

Ne risultava un differenziale monetario negativo (il cosiddetto “residuo vantaggio fiscale”) tra quanto sarebbe stato detraibile con il Supersismabonus e quanto effettivamente detraibile in concreto con il regime ordinario.

I rilievi del Tribunale: attualizzazione e capienza fiscale

Il Tribunale, tuttavia, sciolta la riserva, ha ritenuto di non poter decidere la controversia sulla base di tale calcolo, e ha rimesso la causa sul ruolo richiedendo ulteriori approfondimenti, in particolare sulle modalità di determinazione del danno:

  • attualizzazione dei valori: il danno non può essere identificato semplicemente nel differenziale tra le due aliquote (70% vs. 50%), poiché è finanziariamente più svantaggioso non solo percepire un importo minore, ma anche riceverlo in un arco temporale più lungo (10 anni anziché 5).
    Il CTU è stato pertanto incaricato di procedere all’attualizzazione dei due importi alla medesima data, calcolando poi la differenza tra i valori attualizzati.
  • verifica della capienza fiscale: al consulente è stato inoltre richiesto di accertare se i committenti, nel quinquennio previsto dal Supersismabonus, avessero effettivamente potuto fruire integralmente della detrazione al 70%, valutando anche l’incidenza di eventuali altre detrazioni già fruite o ragionevolmente fruibili nel medesimo periodo.

Nesso di causalità e ingiusto arricchimento

Se già la prima richiesta evidenzia un pregevole passaggio argomentativo, la seconda mostra un’analisi ancora più profonda, ponendo in rilievo il nesso di causalità tra l’inadempimento del professionista, l’entità dei danni astrattamente conseguenti e, infine, la porzione di danno concretamente risarcibile.

È evidente, infatti, che l’inadempimento del tecnico può dirsi effettivamente pregiudizievole solo se i committenti, nei cinque anni successivi, avessero dichiarato un debito d’imposta sufficiente a consentire la piena compensazione delle detrazioni. Se – e solo nella misura in cui – l’importo delle detrazioni teoricamente fruibili dovesse superare il debito tributario effettivo, il danno non sussisterebbe.

In tal caso, i committenti non avrebbero potuto beneficiare del vantaggio fiscale neanche in assenza dell’inadempimento, e riconoscere comunque un risarcimento equivarrebbe a un ingiusto arricchimento.

Conclusioni

In caso di fruizione alternativa di un diverso beneficio fiscale, il danno va determinato tenendo conto non solo della differente aliquota applicabile, ma anche della diversa tempistica di fruizione.

Solo mediante l’attualizzazione dei valori è possibile un confronto omogeneo.

Spetta inoltre a chi agisce in giudizio fornire prova della propria capienza fiscale, dimostrando che le detrazioni perse sarebbero state effettivamente fruibili, nella loro interezza, in caso di corretto adempimento da parte del professionista.

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