Superbonus e Bonus edilizi: crediti irregolari, cessione e truffa

Una nuova sentenza di Cassazione fornisce una lettura ancora più severa delle precedenti: basta creare crediti fiscali irregolari per configurare il reato di truffa, non serve cederli

di Cristian Angeli - 20/12/2024

Nel complesso e mutevole mondo dei bonus edilizi, non sono solo le leggi a cambiare: anche la giurisprudenza evolve, delineando orientamenti che, nel tempo, possono trasformare il panorama applicativo. Un tema caldo è quello delle conseguenze penali per chi sfrutta i bonus in modo fraudolento, simulando interventi mai effettuati o non conformi ai requisiti normativi.

Superbonus, bonus edilizi e truffe

Quando si parla di truffe legate ai bonus edilizi – siano essi Superbonus, Bonus Facciate o altri incentivi – il punto centrale è la verifica dei requisiti per accedere alle agevolazioni, primo fra tutti la reale esecuzione dei lavori. La normativa prevede che siano rispettati precisi criteri di legge, e qualora vengano presentati documenti falsi o irregolari, le conseguenze possono essere particolarmente severe.

I principali reati che si possono configurare in questi casi sono:

  • indebita percezione di erogazioni pubbliche (art. 316-ter c.p.), che punisce chi ottiene in modo irregolare contributi pubblici;
  • truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.), considerata più grave e con pene maggiori.

Negli ultimi mesi, due nuove sentenze della Cassazione hanno tracciato una linea più severa rispetto al passato, ampliando la portata della responsabilità penale. Secondo queste pronunce, non è necessario che i crediti fiscali ottenuti irregolarmente vengano monetizzati per configurare una truffa: è sufficiente la loro creazione, purché questa avvenga mediante artifici e raggiri.

Il reato di truffa scatta con la prima cessione del credito

Il 30 ottobre 2024, la Cassazione ha emesso una sentenza cruciale (n. 40015/2024), affermando che l’emissione di false fatture per lavori mai eseguiti, anche se finalizzata solo al riconoscimento di un credito d’imposta, configura automaticamente il reato di truffa aggravata. Questo si verifica a prescindere dal fatto che il credito sia stato monetizzato.

Nel caso specifico, due imputati avevano ottenuto indebiti crediti derivanti da Bonus Facciate grazie a fatture false per interventi inesistenti. La difesa sosteneva che, non essendoci stato un danno patrimoniale “immediato”, il reato doveva essere qualificato come indebita percezione di erogazioni pubbliche (meno grave). La Suprema Corte ha respinto questa linea, precisando che:

  • il reato di truffa si perfeziona con la prima cessione del credito: gli elementi della truffa si realizzano nel momento in cui il credito è riconosciuto e ceduto;
  • ogni volta che un credito fiscale viene riconosciuto sulla base di fatture false per lavori inesistenti, il reato da contestare è la truffa aggravata (art. 640-bis c.p.), non l’indebita percezione di erogazioni pubbliche.

Creare crediti fittizi basta per la truffa

Un altro importante intervento giurisprudenziale (sentenza n. 45868/2024, seconda sezione penale) ha chiarito che, per configurare la truffa ai danni dello Stato, non è necessario che i crediti fiscali siano stati compensati o monetizzati. La sola creazione di crediti inesistenti, anche se mai utilizzati, basta a generare un danno allo Stato, poiché implica uno sviamento di fondi pubblici.

Il caso riguardava un soggetto accusato di indebita compensazione di crediti fiscali legati al Superbonus. La difesa sosteneva che, non essendoci stata monetizzazione, non si poteva configurare il reato di truffa. La Cassazione ha ribadito invece che la violazione delle norme per il riconoscimento dei crediti fiscali costituisce un danno erariale in sé, sufficiente per contestare il reato più grave.

Un cambio di rotta: verso un’applicazione più severa

Le sentenze descritte segnano un inasprimento rispetto ai precedenti orientamenti giurisprudenziali. La Cassazione, con la sentenza n. 23402/2024, aveva infatti affermato che la truffa si perfezionava solo nel momento in cui il credito veniva compensato o monetizzato, poiché solo in quel momento si poteva configurare l’ingiusto profitto. Oggi, invece, il nuovo orientamento considera sufficiente la “creazione” del credito per configurare gli elementi del reato.

In sostanza, chi crea crediti d’imposta illegittimi, anche senza utilizzarli, rischia pene severe. Questo cambio di impostazione potrebbe avere un impatto significativo sui procedimenti in corso e su eventuali futuri casi, anche in situazioni meno gravi, come quelle in cui i lavori siano stati eseguiti solo parzialmente o contabilizzati in misura superiore al reale.

Implicazioni pratiche: cosa aspettarsi?

Resta da capire come questi orientamenti saranno applicati nei casi di opere parzialmente realizzate, realizzate con irregolarità edilizie o contabilizzate in modo superiore al reale. Il principio affermato, però, sembra estendibile anche a queste situazioni, con possibili ripercussioni pesanti per chi ha operato senza rispettare le norme.

Per i professionisti coinvolti nel processo edilizio – dai tecnici agli operatori economici – queste sentenze rappresentano un segnale forte: qualsiasi irregolarità nella gestione dei crediti fiscali può avere conseguenze penali rilevanti, anche in assenza di un vantaggio economico diretto. La truffa, infatti, stando alle sentenze citate, non richiede necessariamente la monetizzazione del credito, ma si consuma nel momento in cui esso viene creato o ceduto in modo illecito.

A cura di Cristian Angeli
ingegnere esperto di agevolazioni fiscali applicate all’edilizia e di contenziosi civili
www.cristianangeli.it

© Riproduzione riservata