Salva Casa: come si ottiene la sanatoria semplificata in assenza di autorizzazione paesaggistica

Procedura da seguire per la nuova sanatoria semplificata prevista dal Salva Casa per la regolarizzazione degli interventi realizzati in assenza di autorizzazione paesaggistica

di Gianluca Oreto - 09/04/2025

È possibile sanare un intervento edilizio in zona vincolata se ha comportato la creazione di nuovi volumi o superfici utili? Qual è il ruolo della Soprintendenza? E come devono comportarsi tecnici e funzionari pubblici?

La sanatoria semplificata post Salva Casa

L’evoluzione normativa dell’edilizia in Italia è un terreno scivoloso, soprattutto quando si entra nel campo minato delle sanatorie e della tutela paesaggistica. Con l’introduzione dell’art. 36-bis al d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE), avvenuta con la Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa), il legislatore ha esteso le possibilità di regolarizzazione postuma anche a interventi che prima apparivano irrimediabilmente insanabili.

Il nuovo art. 36-bis del TUE, infatti, definisce una procedura semplificata e autonoma per la sanatoria delle parziali difformità e delle variazioni essenziali. Tra le novità più rilevanti vi è la possibilità – in presenza di vincolo paesaggistico – di richiedere l’accertamento di compatibilità anche per opere che abbiano determinato l’aumento di volumi o superfici utili.

Una possibilità in “apparente” contrasto con quanto previsto dall’art. 167, comma 4, lettera a), del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio o CBCP), per il quale è possibile accertare la compatibilità paesaggistica “per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”.

Soprattutto in considerazione di quanto disposto dal successivo art. 183, comma 6, che dispone laconicamente “Le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe ai principi del presente decreto legislativo se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni”. Sostanzialmente, per introdurre deroghe o eccezioni alle disposizioni inserite al Codice dei beni culturali, è necessario modificare il D.Lgs. n. 42/2004.

Il Salva Casa, però, senza alcuna modifica al Codice dei beni culturali e del paesaggio, ha previsto una particolare procedura che “supera” il D.Lgs. n. 42/2004 stesso.

Deroga apparente e nuova regola sostanziale

Come chiarito dalla recente Circolare del Ministero della Cultura del 2 aprile 2025, n. 19, l’art. 36-bis, comma 4, introduce una procedura autonoma rispetto a quanto previsto dall’art. 167, comma 4, lett. a) del D.Lgs. n. 42/2004. Quest’ultimo, infatti, consente l’accertamento di compatibilità paesaggistica solo nei casi di interventi “minori”, ossia che non abbiano comportato incremento di volumi o superfici.

La nuova disposizione, invece, autorizza espressamente l’istruttoria paesaggistica postuma anche per opere che abbiano determinato la creazione o l’aumento di superfici o volumi, purché rientranti nelle fattispecie edilizie previste dal comma 1 dell’art. 36-bis (cioè parziali difformità e variazioni essenziali).

Per garantire l’applicazione corretta del nuovo art. 36-bis, è necessario che i professionisti incaricati, i funzionari delle Soprintendenze e quelli degli sportelli unici per l’edilizia seguano una procedura coordinata, che ho voluto schematizzare in tre fasi illustrate nei seguenti paragrafi.

FASE 1: Istruttoria tecnica del professionista

Preliminarmente, il tecnico incaricato dal committente deve attentamente valutare le condizioni “base” di accesso alla nuova sanatoria semplificata:

  1. verificare che l’abuso rientri tra quelli gestibili utilizzando l’art. 36-bis del TUE e, quindi, valutare che la difformità:
    • sia una parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'art. 34 del TUE;
    • derivi dall’assenza o dalla difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'art. 37 del TUE;
    • sia una variazione essenziale di cui all’art. 32 del TUE (occhio alle declinazioni regionali).

Attenzione: sulla possibilità di gestire la difformità utilizzando l’art. 36-bis o attendendo la sanzione di cui all’art. 37 ho già scritto un approfondimento che vi invito a leggere “Regolarità urbanistica e precedenti edilizi: gli effetti della nuova modulistica post Salva Casa”.

  1. accertare la doppia conformità:
    • urbanistica al momento della domanda;
    • edilizia al momento della realizzazione;
  2. individuare e attestare l’epoca dell’intervento, con documentazione ex art. 9-bis o con propria dichiarazione sostitutiva, sotto responsabilità penale;
  3. verificare la presenza di vincoli paesaggistici e, se del caso, predisporre una istanza di accertamento di compatibilità ai sensi dell’art. 36-bis, comma 4.

FASE 2: Accertamento di compatibilità paesaggistica

  1. L’autorità preposta alla tutela del vincolo avvia il procedimento, che si deve concludere entro 180 giorni dalla domanda di accertamento, acquisendo preventivamente il parere vincolante della Soprintendenza, da rendersi entro 90 giorni (quindi occhio alle tempistiche perché se il parere della Soprintendenza viene richiesto dopo 90 giorni dal ricevimento della domanda, il rischio è che si sforino i tempi concessi);
  2. decorsi tali termini senza risposta, si forma il silenzio-assenso;
  3. in caso di parere negativo, l’opera è insanabile e si applica la sanzione demolitoria ex art. 167, comma 1, del Codice dei beni culturali.

Attenzione: la Soprintendenza conserva un ruolo vincolante, ma limitato nel tempo. Per questo il Ministero della Cultura, nella sua circolare, invita a predisporre “misure organizzative interne” per evitare che il silenzio-assenso diventi la regola.

FASE 3: Rilascio del titolo edilizio in sanatoria

  1. Lo sportello unico, verificata la presenza del parere paesaggistico favorevole o il maturare del silenzio-assenso, può:
    • rilasciare il permesso di costruire o accettare la SCIA in sanatoria;
    • condizionare il rilascio del provvedimento in sanatoria alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate (nel caso di SCIA in sanatoria, lo sportello unico individua le misure da prescrivere, che costituiscono condizioni per la formazione del titolo).
  2. Il rilascio del titolo (o la sua formazione) è subordinato:
    • al pagamento di un’oblazione, secondo i criteri dell’art. 36-bis, comma 5.
    • al pagamento di un’ulteriore sanzione paesaggistica (commisurata al danno o al profitto), ai sensi dell’art. 36-bis, comma 5-bis.
  3. L’esito finale va comunicato entro 45 giorni (o entro il termine previsto per la SCIA), al netto della sospensione per il procedimento paesaggistico. In caso contrario vige il silenzio-assenso (diversamente dal silenzio rigetto della sanatoria ordinaria di cui all’art. 36 del TUE).

Conclusioni

L’art. 36-bis TUE consente, per la prima volta in maniera esplicita, di sanare interventi in aree vincolate paesaggisticamente anche se hanno comportato aumento di superfici o volumi, superando i limiti dell’art. 167 del Codice BCP. Tuttavia:

  • solo gli interventi che rientrano nelle casistiche del comma 1 dell’art. 36-bis sono sanabili (non quelli totalmente abusivi);
  • il procedimento deve rispettare termini perentori e modalità procedurali stringenti, in un gioco a tre tra tecnico, Soprintendenza e Comune;
  • in caso di inerzia, il silenzio-assenso non è una scorciatoia, ma una responsabilità per l’amministrazione.
© Riproduzione riservata