Collegio Consultivo Tecnico: cos'è, come funziona, quali controversie affronta

Un interessante approfondimento della Giustizia Amministrativa su ruolo e funzioni del CCT, disciplinato dagli artt. 215-219 e dall'Allegato V.5 del Codice dei Contratti

di Redazione tecnica - 16/04/2025

Nel sistema dei contratti pubblici, la possibilità di ricorrere a strumenti alternativi al contenzioso giurisdizionale è prevista sin dalla fase dell’evidenza pubblica. In questo contesto, le posizioni giuridiche delle parti sono asimmetriche: da un lato la stazione appaltante, titolare di poteri pubblicistici legati all’inderogabilità dell’interesse pubblico; dall’altro l’operatore economico, titolare di interessi legittimi.

È solo con la stipula del contratto, tuttavia, che la controversia potenziale assume una natura pienamente disponibile, poiché entrambe le parti si trovano ora in una posizione paritetica di diritto soggettivo, regolata secondo le norme del diritto civile e contrattuale.

Collegio Consultivo Tecnico: il CCT nel nuovo Codice dei Contratti Pubblici

In questa seconda fase – tipicamente quella dell’esecuzione del contratto – trova la sua piena operatività il Collegio Consultivo Tecnico (CCT), quale strumento di risoluzione alternativa e preventiva delle controversie, con funzione deflattiva e di tutela della continuità amministrativa. L’obiettivo del legislatore è duplice: ridurre il contenzioso e migliorare la qualità dell’esecuzione.

A parlarne in un’interessante monografia è il giudice Nicola Durante, premettendo che il Codice prevede due istituti di risoluzione alternativa delle problematiche o delle liti, reali o potenziali;

  • i pareri di precontenzioso dell’ANAC, di cui all’art. 220, comma 1;
  • il Collegio consultivo tecnico ante operam, di cui all’art. 218 del codice, secondo cui “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, tramite il RUP, possono costituire, secondo le modalità di cui all’allegato V.2, un collegio consultivo tecnico, formato da tre componenti, per risolvere problemi tecnici o giuridici di ogni natura suscettibili di insorgere anche nella fase antecedente alla esecuzione del contratto, ivi comprese le determinazioni delle caratteristiche delle opere e le altre clausole e condizioni del bando o dell’invito, nonché la verifica del possesso dei requisiti di partecipazione e dei criteri di selezione e di aggiudicazione”.

Nella fase dell’esecuzione del contratto, il codice dei contratti pubblici, al titolo II del libro V, dedicato ai “rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale”, individua quattro diversi istituti:

  • l’accordo bonario, per i lavori (art. 210) e per servizi e forniture (art. 211), strettamente correlato alla tematica delle riserve;
  • la transazione (art. 212), istituto residuale, consentito soltanto laddove non siano praticabili altri rimedi alternativi all’azione giurisdizionale;
  • l’arbitrato (art. 213), tipico procedimento para-giurisdizionale previsto in via generale, dall’art. 12 c.p.a., per tutte le controversie “concernenti diritti soggettivi” appartenenti alla giurisdizione amministrativa;
  • il collegio consultivo tecnico (artt. 215-219 ed allegato V.2).

Che cos’è il Collegio Consultivo Tecnico

Il CCT è un organismo tecnico collegiale, composto da tre o cinque membri esperti, con funzione consultiva, di impulso e – in alcuni casi – anche decisoria, istituito dalla stazione appaltante entro specifici termini temporali per affiancare le parti nella fase esecutiva dell’appalto.

L’istituto è disciplinato:

  • dagli artt. 215-218 del D.Lgs. 36/2023, che ne definiscono struttura, funzioni, composizione e modalità di attivazione;
  • e dal nuovo art. 225-bis, introdotto dal Correttivo 2024, che ne chiarisce l’ambito di applicazione anche per i contratti in corso.

Viene confermato che il CCT può essere istituito solo per appalti di lavori pubblici, rimanendo esclusi quelli di servizi e forniture, sebbene la sua eventuale estensione sia oggetto di dibattito dottrinale.

Tre le differenti tipologie di CCT:

  • a) il CCT obbligatorio in corso d’opera, “per i lavori diretti alla realizzazione delle opere pubbliche, incluse quelle realizzate tramite contratti di concessione o di partenariato pubblico privato, di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea” (art. 215, comma 1), nonché “nel caso di contratti misti … ogni qualvolta la parte dei lavori supera la soglia di rilevanza europea” e nei “contratti stipulati attraverso accordi quadro con uno o più operatori economici";
  • b) il CCT facoltativo in corso d’opera per lavori di importo inferiore alla soglia europea;
  • c) il CCT facoltativo ante operam, nominato dalla stazione appaltante “per risolvere problemi tecnici o giuridici di ogni natura suscettibili di insorgere anche nella fase antecedente alla esecuzione del contratto, ivi comprese le determinazioni delle caratteristiche delle opere e le altre clausole e condizioni del bando o dell’invito, nonché la verifica del possesso dei requisiti di partecipazione e dei criteri di selezione e di aggiudicazione” (art. 218).

I suoi compiti principali sono:

  • fornire pareri motivati o determinazioni vincolanti su ogni controversia o problematica tecnico-economica insorta in corso d’opera;
  • promuovere la leale collaborazione tra stazione appaltante e appaltatore, in un’ottica di prevenzione dei conflitti;
  • offrire un'alternativa qualificata e tempestiva al contenzioso amministrativo o civile;
  • effettuare attività di monitoraggio, con riunioni periodiche per monitorare l’andamento dei lavori e formulare, ove ritenuto opportuno, osservazioni alle parti.

Obbligatorietà del parere ed efficacia vincolante delle determinazioni

Il parere è obbligatorio:

  • nei casi di iscrizione di riserve, di proposte di variante ed in relazione ad ogni altra disputa tecnica o controversia che insorga durante l’esecuzione di un contratto di lavori di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea;
  • nei casi di risoluzione contrattuale, anche “in ordine alla possibilità che gravi motivi tecnici ed economici rendano preferibile la prosecuzione con il medesimo soggetto” (art. 216, comma 2).

Negli altri casi, il parere è facoltativo ed è reso su richiesta delle parti (art. 217). Lo stesso art. 217 consente alle parti di convertire i pareri non obbligatori in determinazioni con valore di lodo contrattuale, ove e per quanto la questione sottostante si ricolleghi ad una controversia di natura contrattuale.

Efficacia vincolante delle determinazioni

Ai sensi dell’art. 215, la determinazione ed il parere del CCT sono sempre obbligatori per le parti e la loro inosservanza:

  • costituisce, salvo prova contraria, grave inadempimento degli obblighi contrattuali;
  • è valutata ai fini della responsabilità del soggetto agente per danno erariale,

Al contrario, “l’osservanza delle determinazioni del collegio consultivo tecnico è causa di esclusione della responsabilità per danno erariale, salva l’ipotesi di condotta dolosa”.

Le parti possono chiedere al collegio di rideterminarsi sui punti critici; possono anche non dare esecuzione alla decisione non vincolante, riservandosi di offrire la “prova contraria” nell’eventuale contenzioso giurisdizionale.

Le determinazioni del CCT – qualora richieste congiuntamente dalle parti – possono assumere valore di lodo contrattuale ai sensi dell’art. 808-ter c.p.c. (arbitrato irrituale). In assenza di espressa opposizione al momento dell’insediamento, la volontà di attribuire tale effetto è presunta, con effetto vincolante.

 

Scioglimento del CCT

Ai sensi dell’art. 219 del codice, il CCT è sciolto al termine dell’esecuzione del contratto oppure, nelle ipotesi in cui non ne è obbligatoria la costituzione, anche in un momento anteriore su accordo delle parti.

Il contratto si considera eseguito alla data della sottoscrizione dell’atto di collaudo o regolare esecuzione. Se però sussistano riserve od altre richieste in merito al collaudo, il collegio è sciolto solo con l’adozione della pronuncia su di esse, che assume dunque natura obbligatoria.

 

Controversie sui CCT: quale giurisdizione?

Uno degli aspetti più delicati introdotti dal nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 36/2023) e chiariti dal decreto correttivo (D.Lgs. n. 209/2024) riguarda la tutela giurisdizionale nei confronti delle determinazioni del Collegio Consultivo Tecnico, in particolare laddove queste assumano la natura di lodo contrattuale.

Lodi contrattuali: impugnabilità e foro competente

L’art. 217, comma 3, del Codice stabilisce che “Le determinazioni aventi natura di lodo contrattuale sono impugnabili nei casi e nei modi indicati dall’articolo 808-ter, secondo comma, del codice di procedura civile”.

Ciò significa che, laddove le parti abbiano convenzionalmente attribuito efficacia di arbitrato irrituale alla determinazione del CCT, il giudice competente sarà quello ordinario e l’impugnazione sarà possibile nei limiti ristretti previsti per i lodi contrattuali, cioè nei casi di:

  • violazione di norme imperative sostanziali (art. 829, co. 3, c.p.c.);
  • violazione del principio di ordine pubblico (es. modifica sostanziale del contratto tale da integrare un affidamento diretto in violazione del diritto UE).

È dunque esclusa la giurisdizione del giudice amministrativo per tutte le controversie che riguardino posizioni soggettive paritetiche e situazioni disponibili, che costituiscono l’oggetto tipico del CCT nella fase esecutiva del contratto.

Giurisdizione amministrativa: quando sussiste

Vi sono però casi specifici in cui la giurisdizione resta attribuita al giudice amministrativo:

  • se la controversia riguarda l’inerzia o il diniego della stazione appaltante rispetto alla costituzione obbligatoria del CCT, in quanto si tratta di un potere autoritativo vincolato, finalizzato alla tutela dell’interesse pubblico alla celere esecuzione dell’opera (es. impugnazione del silenzio-rifiuto: giurisdizione di legittimità);
  • se la questione controversa coinvolge attività autoritative anche nella fase esecutiva (es. revisione prezzi d’ufficioesclusione dal contratto per motivi extra-contrattuali, etc.).

In questi casi, la posizione dell’operatore economico si configura come interesse legittimo e la controversia rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133 del c.p.a.

Nomina o revoca dei componenti: natura privatistica

Diversamente, l’impugnazione dell’atto di nomina o revoca dei componenti del CCT spetta alla giurisdizione ordinaria, poiché il potere esercitato dalla stazione appaltante è di natura privatistica e non autoritativa. Non si tratta, infatti, di un provvedimento amministrativo in senso tecnico, bensì di un atto ricadente nell’alveo dell’autonomia negoziale, basato sulla fiducia e sulla rappresentanza di parte.

Effetti processuali: spese e sanzioni in caso di rigetto

Infine, l’allegato V.2, art. 4, prevede che, se il giudice conferma integralmente la determinazione del CCT impugnata, la parte soccombente che non l’ha rispettata può essere:

  • esclusa dal rimborso delle spese eventualmente sostenute;
  • condannata al pagamento delle spese della controparte;
  • obbligata al versamento di un’ulteriore somma corrispondente al contributo unificato dovuto, da versare all’entrata del bilancio dello Stato.

Si tratta di una previsione che rafforza il principio di leale cooperazione tra le parti in fase esecutiva e disincentiva il contenzioso meramente dilatorio contro le determinazioni del CCT, laddove esse siano conformi a diritto.

 

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