Ordine di demolizione e interessi pubblici prevalenti: interviene la Cassazione

La Corte di Cassazione interviene sulla possibilità di revocare un ordine di demolizione sulla base di quanto prevede l’art. 31, comma 5, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia)

di Gianluca Oreto - 22/04/2025

È possibile revocare un ordine di demolizione già divenuto definitivo, sulla base di una delibera comunale che dichiara un interesse pubblico prevalente? Quali sono i presupposti, formali e sostanziali, per ritenere legittima questa scelta?

Revoca demolizione: la sentenza della Cassazione

A queste domande ha risposto la sentenza della Corte di Cassazione, Sez. III penale, n. 13324 del 7 aprile 2025, intervenuta su una vicenda in cui era stata disposta la revoca di un ordine di demolizione, poi impugnata dal Procuratore della Repubblica.

Come spesso accade, dietro l’apparente semplicità della scelta amministrativa si celano complessità normative, procedurali e giurisprudenziali che richiedono il puntuale intervento dell’autorità giudiziaria.

Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione aveva revocato un ordine di demolizione disposto con sentenza penale definitiva per opere abusive, fondandosi su una delibera comunale che dichiarava l’esistenza di un interesse pubblico prevalente alla conservazione dell’immobile, da destinare (in via programmatica) a sede della Protezione Civile.

Il Procuratore della Repubblica ha proposto ricorso in Cassazione, denunciando la genericità e l’insufficienza motivazionale della delibera, in particolare per:

  • mancata verifica dell’assenza di contrasti con interessi urbanistici, ambientali e idrogeologici;
  • assenza di fondi stanziati per l’eventuale rifunzionalizzazione dell’immobile;
  • mancata esecuzione dello sgombero degli attuali occupanti.

Il quadro normativo

Per comprendere la decisione della Suprema Corte, è utile richiamare l’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE), che disciplina la procedura da seguire in caso di opere abusive eseguite in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali.

In linea generale, sempre che non ricorrano i presupposti per ottenere la sanatoria, nel caso di assenza del permesso di costruire, totale difformità oppure variazioni essenziali, esiste ormai un principio consolidato per cui alla demolizione non c’è alternativa.

Tuttavia, il comma 5 del medesimo articolo prevede una deroga, nei seguenti termini:

L'opera acquisita è demolita (...) salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, culturali, paesaggistici, ambientali o idrogeologici, previo parere delle amministrazioni competenti (...)”.

Tradotto, dopo l’ordine di demolizione e l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale, la demolizione può essere evitata solo se:

  1. viene adottata una delibera consiliare motivata che dichiari un interesse pubblico prevalente;
  2. l’opera non presenti contrasti con rilevanti interessi urbanistici, paesaggistici, ambientali o idrogeologici;
  3. siano acquisiti i pareri favorevoli delle amministrazioni competenti ai sensi dell’art. 17-bis della legge n. 241/1990.

Il mantenimento dell’opera, dunque, costituisce un’ipotesi eccezionale e come tale va rigorosamente motivata e istruita.

Cosa dice la Cassazione

La Cassazione ha ribadito che la delibera comunale deve fondarsi su un interesse pubblico concreto, attuale e specifico, riferito al singolo manufatto. Non è sufficiente un generico riferimento all’utilità pubblica, né è ammesso differire l’azione repressiva sulla base di atti programmatici privi di efficacia immediata.

Il giudice dell’esecuzione ha l’obbligo di verificare che:

  • l’interesse pubblico dichiarato sia effettivo e compatibile con la disciplina urbanistica vigente;
  • l’istruttoria amministrativa sia completa e corredata dagli assensi degli enti competenti.

Nel caso in esame, la Corte ha evidenziato che:

  • non era stata verificata l’assenza di contrasti con gli interessi urbanistici, ambientali e sismici;
  • l’utilizzo futuro dell’immobile risultava del tutto incerto, mancando sia la reale istituzione della Protezione Civile sia lo sgombero dei locali;
  • non vi era alcuna previsione di spesa per la rifunzionalizzazione dell’edificio.

Di conseguenza, la revoca dell’ordine di demolizione è stata dichiarata illegittima, in quanto priva dei necessari presupposti giuridici e istruttori.

Conclusioni

Il nuovo intervento degli ermellini conferma un orientamento rigoroso e coerente con il principio di legalità urbanistica. Dopo l’ordinanza di demolizione e l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale, affinché la demolizione possa essere evitata:

  1. la delibera consiliare deve essere dettagliata e riferita al singolo manufatto;
  2. l’istruttoria deve essere puntuale e completa, con pareri acquisiti da tutti gli enti competenti;
  3. non sono sufficienti ipotesi generiche o finalità programmatiche future;
  4. il giudice può e deve sindacare la legittimità della scelta anche nella fase esecutiva.
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