RUP come Presidente di commissione negli appalti sopra soglia: ANAC sgombra il campo dai dubbi
Dall’Anticorruzione un'importante chiave interpretativa sul ruolo del RUP nelle commissioni giudicatrici alla luce del nuovo Codice dei contratti
In un panorama normativo in continua evoluzione, l'Autorità Nazionale Anticorruzione ha fornito un'importante chiave interpretativa sul ruolo del RUP nelle commissioni giudicatrici, con la recente delibera n. 89 dell'11 marzo 2025.
Dalla rigidità alla flessibilità: l'evoluzione normativa
Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. n. 36/2023) ha segnato un deciso cambio di rotta rispetto alla precedente impostazione, abbracciando una filosofia di maggiore flessibilità e autonomia decisionale per le stazioni appaltanti. Questo approccio si riflette chiaramente nella disciplina delle commissioni giudicatrici, dove il legislatore ha voluto superare l'eccessiva rigidità che caratterizzava il precedente sistema.
Come efficacemente sintetizzato nel brocardo "summum ius, summa iniuria" (l'eccesso di regole può portare alla massima ingiustizia), un eccesso di preclusioni e incompatibilità rischiava di rendere difficoltosa la gestione delle procedure di gara, soprattutto per le amministrazioni di minori dimensioni, senza necessariamente garantire maggiore imparzialità e trasparenza.
Pensiamo al caso emblematico di un piccolo comune con risorse umane limitate: con il vecchio sistema, la necessità di individuare commissari totalmente estranei alla procedura poteva diventare un ostacolo insormontabile, costringendo l'amministrazione a rivolgersi all'esterno con costi e tempi maggiori, senza che questo garantisse necessariamente una valutazione più obiettiva delle offerte.
La controversa questione del RUP - Presidente
Al centro della delibera ANAC vi è la questione se il RUP, oltre a poter far parte della commissione giudicatrice (possibilità espressamente prevista dall'art. 93, comma 3 del Codice), possa anche presiederla in un appalto sopra soglia. Il nodo interpretativo deriva dal fatto che, mentre per gli appalti sotto-soglia l'art. 51 del Codice prevede espressamente tale possibilità, analoga previsione manca nell'art. 93 dedicato agli appalti sopra soglia.
L'Autorità, con un'interpretazione tanto sistematica quanto pragmatica, ha risolto il dubbio affermando che “anche nella procedura di affidamento di un contratto sopra soglia, il RUP possa ricoprire tale ruolo” di presidente della commissione, qualora possieda il necessario inquadramento giuridico e adeguate competenze professionali, e siano rispettati i criteri di trasparenza, competenza e rotazione.
La delibera richiama l'evoluzione normativa della materia, ricordando come già con l'art. 46 del D.Lgs. n. 56/2017 fosse stato superato il principio dell'incompatibilità assoluta tra il ruolo di RUP e componente della commissione, principio ulteriormente rafforzato dal nuovo Codice.
Consideriamo, ad esempio, un appalto per servizi integrati di igiene ambientale del valore di oltre 5 milioni di euro (come quello oggetto dell'istanza esaminata dall'ANAC): la complessità tecnica di questi servizi richiede competenze specifiche che spesso sono concentrate proprio nella figura del RUP, che ha seguito l'intera procedura dalla programmazione alla predisposizione del bando. Escludere aprioristicamente questa figura dalla presidenza della commissione significherebbe privare la valutazione delle offerte di un patrimonio di conoscenze tecniche e procedurali preziose.
La questione del conflitto di interessi: tra apparenza e sostanza
Il secondo aspetto affrontato nella delibera riguarda i confini del conflitto di interessi, in particolare la configurabilità di tale situazione nel caso di un commissario che, per ragioni d'ufficio, abbia contatti professionali con un'impresa partecipante alla gara.
Nel sistema anglosassone vige il principio dell'”appearance of bias” (apparenza di parzialità), secondo cui anche la mera apparenza di un possibile pregiudizio può essere sufficiente a minare la fiducia nel processo decisionale. Tuttavia, l'ANAC ha adottato un approccio più pragmatico e concreto, ribadendo la necessità che il conflitto di interessi sia dimostrato con prove specifiche basate su fatti concreti.
L'Autorità chiarisce che non ogni tipo di rapporto professionale è idoneo a configurare un conflitto di interessi, distinguendo tra "rapporto personale o professionale rilevante" e quello "occasionale". Solo il primo, caratterizzato da "frequentazione abituale" o da "intensità e sistematicità tale da dare luogo ad un vero e proprio sodalizio professionale", è idoneo a compromettere l'imparzialità del giudizio.
Proviamo a concretizzare con alcuni esempi:
- Scenario non problematico: Un dirigente del settore ambiente di un comune gestisce un contratto di igiene urbana con l'azienda Alfa, con la quale intrattiene normali rapporti professionali limitati all'esecuzione del contratto (riunioni operative, verifiche di conformità, ecc.). Successivamente viene nominato commissario in una gara a cui partecipa anche l'azienda Alfa. In questo caso, secondo l'ANAC, non sussiste conflitto di interessi, trattandosi di rapporti meramente professionali e istituzionali.
- Scenario potenzialmente problematico: Un dirigente ha sviluppato, oltre ai normali rapporti professionali, una frequentazione personale abituale con l'amministratore dell'azienda Alfa (cene regolari, vacanze condivise, rapporti di amicizia consolidati). In questo caso, la partecipazione come commissario a una gara in cui concorre l'azienda Alfa potrebbe configurare un conflitto di interessi.
- Scenario certamente problematico: Un dirigente ha recentemente fornito consulenze professionali retribuite all'azienda Alfa o ha un parente stretto che lavora presso tale azienda. In questo caso il conflitto di interessi è evidente e sussiste l'obbligo di astensione.
La distinzione tra questi scenari illustra efficacemente l'approccio sostanzialista adottato dall'ANAC, che mira a distinguere tra situazioni fisiologiche (e inevitabili in un mercato degli appalti dove gli operatori economici sono spesso gli stessi) e situazioni patologiche che potrebbero effettivamente compromettere l'imparzialità di giudizio.
Le origini della questione
L'istanza che ha dato origine alla delibera ANAC riguardava una procedura aperta per l'affidamento dei servizi integrati di igiene ambientale presso il Comune di Belvedere Marittimo (CS), del valore di circa 5,2 milioni di euro. La società MIA Multiservizi Igiene Ambientale S.r.l. aveva contestato la legittimità della composizione della commissione giudicatrice sotto due profili: la nomina del RUP come Presidente della Commissione in un appalto sopra soglia e una presunta situazione di conflitto di interessi di un componente, responsabile del settore della gestione dei rifiuti nel Comune di Diamante, il cui servizio era affidato alla società risultata poi aggiudicataria della gara.
Questo caso concreto rappresenta un esempio paradigmatico delle questioni interpretative che possono sorgere nell'applicazione del nuovo Codice, soprattutto nella fase transitoria in cui le prassi applicative sono ancora in via di consolidamento.
Implicazioni operative per le stazioni appaltanti
La delibera n. 89/2025 offre alle stazioni appaltanti un importante strumento operativo per gestire con maggiore flessibilità la composizione delle commissioni giudicatrici, valorizzando le competenze del RUP anche nella fase di valutazione delle offerte.
Per le amministrazioni, specialmente quelle di minori dimensioni, questo si traduce in significativi vantaggi pratici:
- Valorizzazione delle competenze interne: possibilità di far presiedere la commissione al soggetto che meglio conosce gli aspetti tecnici e procedurali dell'appalto, evitando la dispersione di know-how;
- Riduzione dei costi: minor necessità di ricorrere a commissari esterni, con conseguente risparmio economico;
- Efficienza procedurale: procedure più snelle, con minori rischi di rallentamenti dovuti a passaggi di consegne tra diverse figure;
- Maggiore certezza operativa: riduzione del rischio di contestazioni basate su interpretazioni restrittive delle incompatibilità.
Al contempo, la delibera fornisce criteri chiari per valutare le situazioni di potenziale conflitto di interessi, superando approcci formalistici e concentrandosi sulla sostanza dei rapporti tra commissari e concorrenti.
In termini pratici, le stazioni appaltanti dovrebbero:
- Documentare adeguatamente la sussistenza dei requisiti di competenza professionale del RUP nominato presidente;
- Predisporre adeguati strumenti di verifica preventiva di potenziali conflitti di interesse (ad esempio, attraverso autodichiarazioni dettagliate);
- Motivare adeguatamente la scelta dei commissari, con particolare attenzione ai criteri di trasparenza, competenza e rotazione;
- Implementare, ove possibile, misure procedurali che garantiscano la trasparenza delle valutazioni (ad esempio, verbalizzazioni puntuali e dettagliate).
Un equilibrio necessario tra rigore e pragmatismo
La posizione espressa dall'ANAC riflette un equilibrato bilanciamento tra due esigenze contrapposte: da un lato, garantire l'imparzialità e la trasparenza delle procedure di gara; dall'altro, consentire una gestione efficiente ed efficace delle stesse, valorizzando le competenze presenti all'interno delle amministrazioni.
L'approccio adottato dall'Autorità si inserisce in un percorso evolutivo dell'interpretazione delle norme sui contratti pubblici che, partendo da una visione fortemente formalistica, si è gradualmente orientato verso una maggiore attenzione alla sostanza dei rapporti e alla concreta idoneità di determinati assetti organizzativi a garantire l'imparzialità delle procedure.
L'ANAC ricorda peraltro che, in tema di conflitto di interessi, già in precedenti delibere (come la n. 282 del 20 giugno 2023 e la n. 25 del 15 gennaio 2020, entrambe citate nella delibera in esame) era stata esclusa la situazione di conflitto in presenza di un mero rapporto di colleganza o conoscenza, nonché nel caso di rapporti tra componenti della commissione e candidato privi dei caratteri dell'assiduità e sistematicità.
Questo orientamento consolidato risponde all'esigenza di non paralizzare l'azione amministrativa con interpretazioni eccessivamente rigorose che, specie in contesti territoriali limitati o in settori altamente specializzati, renderebbero di fatto impossibile la composizione di commissioni giudicatrici adeguate.
Il tema delle commissioni giudicatrici nel più ampio contesto della riforma
La questione affrontata dall'ANAC si inserisce nel più ampio contesto della riforma del sistema degli appalti pubblici, caratterizzata da una tensione costante tra esigenze di semplificazione e accelerazione delle procedure, da un lato, e necessità di garantire trasparenza e imparzialità, dall'altro.
Il legislatore del nuovo Codice ha operato una scelta chiara nel senso della semplificazione, superando l'impostazione ipergarantista che aveva caratterizzato alcune parti del d.lgs. n. 50/2016, tra cui proprio la disciplina delle commissioni giudicatrici. È nota, ad esempio, la vicenda dell'Albo dei commissari di gara presso l'ANAC, previsto dall'art. 78 del vecchio Codice ma mai effettivamente entrato in funzione a causa delle numerose criticità applicative emerse.
La nuova disciplina sembra invece ispirarsi al principio del "trust and verify" (fiducia e verifica) tipico del mondo anglosassone: si concede maggiore fiducia e autonomia alle stazioni appaltanti, semplificando le regole procedurali, ma al contempo si mantengono robusti strumenti di verifica ex post, anche attraverso un sistema di responsabilità ben definito.
Conclusioni
La delibera n. 89/2025 segna un passo importante verso un'interpretazione più flessibile e pragmatica del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, in linea con l'obiettivo di semplificazione perseguito dal legislatore.
Le stazioni appaltanti possono ora muoversi con maggiore sicurezza in un terreno che, fino a poco tempo fa, appariva incerto e insidioso, sapendo che la possibilità di nominare il RUP come presidente della commissione giudicatrice non è preclusa nemmeno negli appalti sopra soglia.
Al tempo stesso, la chiarezza sui criteri per valutare le situazioni di conflitto di interessi contribuisce a prevenire contenziosi fondati su mere supposizioni o congetture, concentrando l'attenzione sugli elementi concreti che potrebbero effettivamente compromettere l'imparzialità del procedimento.
Come spesso accade nel diritto amministrativo, la vera sfida consiste nel trovare il giusto equilibrio tra principi potenzialmente confliggenti: efficienza e imparzialità, semplificazione e trasparenza, autonomia decisionale e controllo. La delibera dell'ANAC, con il suo approccio pragmatico ma rigoroso, contribuisce significativamente a questo difficile esercizio di bilanciamento, offrendo alle stazioni appaltanti strumenti interpretativi utili per navigare le complesse acque degli appalti pubblici.
Documenti Allegati
Delibera ANAC