Veranda box-window e condono edilizio: il TAR annulla diniego e demolizione

Il TAR Puglia annulla un diniego di condono edilizio per una veranda box-window. Notifica irregolare e conguaglio tardivo nel mirino del giudice.

di Redazione tecnica - 05/05/2025

Entro quando può essere richiesta l’integrazione dell’oblazione relativa ad una pratica di condono edilizio? Una veranda “box-window” può essere assimilata a una VEPA (soprattutto dopo il Salva Casa)? Come è possibile contestare la mancata ricezione di una richiesta di integrazione documentale? E quali conseguenze ha sul procedimento di condono edilizio una notifica inesatta o incompleta?

Veranda box-window e condono edilizio: interviene il TAR

Domande molto interessanti che fanno da cornice ad un contenzioso durato 20 anni e conclusosi in primo grado a seguito della sentenza del TAR Puglia n. 584/2025 che offre anche un’interessante chiave di lettura sull’onere probatorio dell’Amministrazione e sull’efficacia della documentazione esibita nei procedimenti edilizi pendenti da decenni.

In un contesto normativo ancora oggi fortemente stratificato e spesso incoerente, la giurisprudenza amministrativa continua a rappresentare un faro interpretativo essenziale, specie in materia di condoni edilizi. Nel caso oggetto dell’intervento del TAR Puglia si conclude una vicenda che riguarda un’opera oggetto di domanda di condono presentata nel lontano 2004.

Nel dettaglio, l’oggetto della contesa è una veranda box-window sulla quale il proprietario aveva presentato regolare domanda di condono edilizio ai sensi dell’art. 32 del D.L. n. 269/2003, pagato l’oblazione e allegato la documentazione prevista. Dopo oltre 20 anni, l’Amministrazione ha respinto l’istanza adducendo il mancato riscontro a una richiesta di integrazione documentale del 2006, mai effettivamente notificata secondo la ricostruzione della parte ricorrente.

Notifica integrazione e conguaglio oblazione

In riferimento alla richiesta documentale, il TAR ha ricordato due capisaldi della giustizia amministrativa:

  • il primo è relativo all’onere della prova di notifica dell’atto;
  • il secondo fa capo alla prescrizione del conguaglio dell’oblazione.

Due punti strettamente correlati tra loro.

Relativamente al primo, il TAR ha confermato che, in caso di contestazione della ricezione di un atto, spetta al mittente dimostrare l’avvenuta consegna. Nel caso di specie, la ricevuta di ritorno presentava firme illeggibili e intestazioni errate, non idonee a comprovare con certezza la ricezione da parte del destinatario.

Per quanto concerne la prescrizione del conguaglio, l’art. 32, comma 36, del D.L. n. 269/2003, nell’indicare gli elementi utili al fine del decorso della prescrizione del diritto al conguaglio dell'oblazione in favore del Comune, presuppone che la domanda di sanatoria sia stata presentata in forma sufficientemente completa. Nel caso di specie, la domanda era risultata completa.

L’Amministrazione aveva ricalcolato il contributo di costruzione, richiedendo somme ulteriori a distanza di molti anni. Non potendo dimostrare l’interruzione della prescrizione, la pretesa pecuniaria è risultata infondata.

Sostanzialmente, dunque, il TAR ha annullato il diniego di condono e l’ordinanza di demolizione basandosi proprio sulla prescrizione della richiesta di oblazione e la completezza dell’istanza di sanatoria straordinaria.

Ricordiamo che il citato comma 36, art. 32, della Legge sul terzo condono edilizio dispone “La presentazione nei termini della domanda di definizione dell'illecito edilizio, l'oblazione interamente corrisposta nonché il decorso di trentasei mesi dalla data da cui risulta il suddetto pagamento, producono gli effetti di cui all'articolo 38, comma 2 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Trascorso il suddetto periodo di trentasei mesi si prescrive il diritto al conguaglio o al rimborso spettante”.

Verande: l’impatto delle recenti modifiche normative

Non meno rilevante è il richiamo, nella motivazione, alla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa) che, come noto, ha ampliato i casi di tolleranze costruttiva e le fattispecie di sanatoria di talune difformità previste dal d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE).

Secondo il TAR, la struttura oggetto della controversia (la veranda “box-window”) è qualificabile come opera accessoria e rimovibile, riconducibile alle definizioni oggi ammesse anche nell’ambito dell’edilizia libera ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. b-bis) del Testo Unico Edilizia ovvero le vetrate panoramiche (le VEPA).

In altri termini, secondo i giudici di primo grado, alla luce delle modifiche apportante agli interventi di “edilizia libera” di cui all’art. 6 del TUE, la tradizionale equiparazione automatica tra veranda e nuova volumetria va rivista. Il TAR conferma che la veranda, se fatta ex se di materiale rimovibile e sostituibile:

  • assicura alla struttura principale la fruizione di un ambiente che rimane esterno, completamente separato dal resto degli ambienti, seppur collegato con essi da un’entrata;
  • in quanto box window è fornita di trasparenze su più lati e dunque dispone di illuminazione naturale;
  • rimane ambiente accessorio, di norma adibito a servizi vari dell’immobile ed è diverso da un qualsiasi altro vano;
  • ha la semplice funzione di creare un certo comfort ambientale, su una superficie, di norma un balcone, come nel caso di specie, che, per le caratteristiche intrinseche, resta sempre lo stesso, seppur c.d. verandato;
  • una simile veranda rimane pur sempre rimovibile senza demolizioni, rimanendo la parte d’immobile, su cui questa insiste (es. balcone), un manufatto non oggetto cioè di lavori di trasformazione edilizia e, quindi, identico nella sua consistenza di base.

Conclusioni

La sentenza del TAR Puglia offre due spunti rilevanti per i tecnici e per le amministrazioni:

  • il primo riguarda la regolare notifica degli atti nei procedimenti di condono: senza prova certa dell’avvenuta ricezione, l’Amministrazione non può rigettare l’istanza adducendo il silenzio del privato. Il principio di legalità procedimentale impone trasparenza e correttezza formale, anche nei procedimenti pendenti da anni;
  • il secondo concerne la qualificazione delle verande “box-window” alla luce delle recenti modifiche normative. Il TAR supera l’automatica assimilazione delle verande a nuovi volumi, riconoscendone la natura accessoria e rimovibile. Il richiamo alle VEPA e all’art. 6 del T.U. Edilizia evidenzia un cambio di prospettiva: non ogni chiusura di balcone genera nuova volumetria o abuso.

Il caso esaminato conferma l’urgenza di una riforma organica della normativa edilizia, che tenga conto del patrimonio esistente e delle esigenze di regolarizzazione. Serve chiarezza normativa per permettere ai tecnici di operare con certezza e ai cittadini di sanare interventi minori, spesso frutto di esigenze abitative più che di speculazioni.

Una riforma vera, non fatta di slogan, ma orientata a recuperare e legittimare ciò che, per materiali, destinazione e impatto urbanistico, non rappresenta un abuso, ma una semplice esigenza abitativa.

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