La fiscalizzazione dell’abuso edilizio prima e dopo il Salva Casa

Cosa cambia allo stato legittimo degli immobili sui quali è stata pagata una sanzione alternativa alla demolizione ai sensi degli artt. 33 e 34 del Testo Unico Edilizia?

di Redazione tecnica - 07/05/2025

Sono tante e rilevanti le novità che riguardano il d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE) dopo le modifiche introdotte dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa). Tra queste la nuova definizione di stato legittimo di cui all’art. 9-bis, comma 1-bis, che adesso contempla anche le cosiddette “fiscalizzazioni”.

La fiscalizzazione dell’abuso

In particolare, il terzo periodo del citato comma 1-bis dispone “Alla determinazione dello stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare concorrono, altresì, il pagamento delle sanzioni previste dagli articoli 33, 34, 37, commi 1, 3, 5 e 6, e 38, e la dichiarazione di cui all'articolo 34-bis”.

La vera grande novità riguarda:

  • l’art. 33, comma 2 che dispone: “Qualora, sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il dirigente o il responsabile dell’ufficio irroga una sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento di valore dell'immobile, conseguente alla realizzazione delle opere, determinato, con riferimento alla data di ultimazione dei lavori, in base ai criteri previsti dalla legge 27 luglio 1978, n. 392 e con riferimento all'ultimo costo di produzione determinato con decreto ministeriale, aggiornato alla data di esecuzione dell'abuso, sulla base dell'indice ISTAT del costo di costruzione, con la esclusione, per i comuni non tenuti all'applicazione della legge medesima, del parametro relativo all'ubicazione e con l'equiparazione alla categoria A/1 delle categorie non comprese nell'articolo 16 della medesima legge. Per gli edifici adibiti ad uso diverso da quello di abitazione la sanzione è pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile, determinato a cura dell'agenzia del territorio”.
  • l’art. 34, comma 2, a mente del quale: “Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al triplo del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al triplo del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale”.

Come più volte chiarito dalla giustizia amministrativa, la possibilità di fiscalizzazione risiede a valle dell’ordine di demolizione ovvero nella fase esecutiva. La fiscalizzazione non può essere applicata nel caso di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, ma solo per:

  • gli interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
  • gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire.

Il principio cardine della fiscalizzazione è che essa rappresenta un’eccezione, non la regola: può essere concessa solo quando il ripristino dello stato dei luoghi risulti tecnicamente impossibile o dannoso per la struttura complessiva dell’edificio.

La fiscalizzazione, inoltre, non è un diritto automatico ed è consentita solo in circostanze eccezionali e a seguito di un accertamento tecnico che dimostri l’impossibilità della demolizione. La Cassazione (sentenza n. 7381 del 24 febbraio 2025) ha recentemente ribadito che l’impossibilità di ripristino deve essere oggettiva ed assoluta, non meramente conveniente o motivata da ragioni di opportunità economica. Ciò significa che l’abuso edilizio può essere fiscalizzato solo quando la demolizione comprometterebbe la stabilità strutturale dell’edificio a cui è collegato o quando sussistano altre ragioni tecniche insuperabili.

Gli effetti sullo stato legittimo

Prima dell’entrata in vigore del Salva Casa, la fiscalizzazione (ai sensi degli artt. 33 e 34) consentiva, in concreto, solo di evitare la demolizione dell’opera, lasciando però intatto lo status di “abuso edilizio” e, conseguentemente, impedendo che tali opere potessero essere considerate parte integrante della legittimità edilizia dell’immobile. In altre parole, l’abuso restava tale, con ripercussioni immediate sulla possibilità di effettuare interventi successivi, come ad esempio una manutenzione, una demolizione e ricostruzione, un cambio di destinazione d’uso o l’accesso a incentivi edilizi: l’immobile, proprio a causa della presenza di opere fiscalizzate, non era pienamente legittimo.

Con la modifica del comma 1-bis, la prospettiva cambia radicalmente. Oggi, la normativa riconosce che anche il pagamento delle sanzioni pecuniarie previste per le ipotesi di fiscalizzazione contribuisce alla determinazione dello stato legittimo dell’immobile. In particolare, il legislatore ha integrato lo stato legittimo con le ipotesi di irregolarità sanate attraverso una valutazione ex post e una sanzione pecuniaria.

L’effetto più rilevante di questo mutamento è che le opere fiscalizzate vengono ora “assorbite” all’interno dello stato legittimo, rendendo possibile – ad esempio – la loro computabilità ai fini di un successivo intervento edilizio. Si pensi al caso, tutt’altro che raro, di un edificio in zona non vincolata su cui era stato realizzato un ampliamento volumetrico in parziale difformità dal permesso di costruire, e fiscalizzato ai sensi dell’art. 34. Prima del Salva Casa, la parte fiscalizzata non avrebbe potuto essere ricostruita in sede di demolizione e ricostruzione; oggi, invece, grazie alla nuova formulazione dell’art. 9-bis, tale porzione può essere inclusa nel computo volumetrico legittimamente ricostruibile, proprio in virtù dell’effetto “sanante” della fiscalizzazione sullo stato legittimo.

In conclusione, la riforma operata con il Salva Casa, segna un punto di svolta: la fiscalizzazione dell’abuso edilizio non è più solo una misura di “contenimento del danno”, ma diventa uno strumento che, a determinate condizioni e con i limiti tecnici già previsti dalla giurisprudenza, consente di “recuperare” porzioni edilizie irregolari, attribuendo loro piena dignità ai fini dello stato legittimo dell’immobile.

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