Sanatoria paesaggistica, permesso di costruire e stato legittimo: nuovo intervento della Cassazione
Illegittimo il permesso di costruire in sanatoria rilasciato in assenza di autorizzazione paesaggistica, per di più se su un immobile ormai acquisito al patrimonio comunale
In tema di sanatoria di opere realizzate in area vincolata, richiesta ai sensi dell'articolo 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), il rilascio postumo del permesso di costruire, in assenza di valida autorizzazione paesaggistica, non ha alcuna efficacia sanante.
Qualora la sanatoria sia stata concessa, essa deve certamente ritenersi illegittima e così può definirla il giudice dell’esecuzione, escludendo che sia sopravvenuto un valido titolo edilizio assolutamente incompatibile con l'ordine di demolizione.
Sanatoria in area vincolata: illegittima su immobile acquisito al patrimonio comunale
Sono questi i presupposti alla base della sentenza della Corte di Cassazione 1 aprile 2025, n. 12520, che ha ritenuto inammissibile il ricorso contro per il rigetto dell’istanza di revoca dell'ordine di demolizione emessa dal tribunale in relazione a un immobile abusivo.
Queste le tesi del ricorrente:
- era stato ottenuto un permesso in sanatoria, nonché parere favorevole sotto il profilo paesaggistico, trattandosi di lavori abusivi di scarsa consistenza eseguiti in parziale difformità rispetto all'originario titolo edilizio;
- il giudice penale non ha il potere di disapplicare gli atti amministrativi, per cui la configurabilità del reato urbanistico va esclusa anche quando l'atto concessorio risulta illegittimo;
- sarebbe stato violato l'articolo 9-bis del d.P.R. n. 380/2001, in quanto l'immobile è attualmente in c.d. «stato legittimo», che è quello stabilito dall'ultimo provvedimento concessorio.
In primo luogo, spiegano gli ermellini, l'immobile sarebbe già stato acquisito al patrimonio immobiliare del Comune: in tema di reati edilizi, dopo l'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, il condannato può chiedere la revoca dell'ordine di demolizione soltanto per provvedere spontaneamente all'esecuzione di tale provvedimento, essendo privo di interesse ad avanzare richieste diverse, in quanto il procedimento amministrativo sanzionatorio ha ormai come unico esito obbligato la demolizione della costruzione a spese del responsabile dell'abuso.
Nel caso di specie, l'istante, in quanto ormai terzo estraneo alle vicende giuridiche dell'immobile, non era più soggetto legittimato a chiedere la revoca dell'ordine di demolizione se non per procedere alla demolizione a propria cura e spese.
Revoca ordine di demolizione: le verifiche del giudice
Inoltre va ribadito che il rilascio del titolo abilitativo conseguente alla procedura di condono o sanatoria edilizi non determina l'automatica revoca dell'ordine di demolizione, permanendo in capo al giudice l'obbligo di accertare la legittimità sostanziale del titolo sotto il profilo della sua conformità alla legge.
Nel caso in esame correttamente il giudice dell'esecuzione ha ritenuto che, ai fini del rilascio del permesso di costruire in sanatoria, non fosse consentito il ricorso alla c.d. «sanatoria paesaggistica» di cui all'articolo 167, comma 4, d. Igs. 42/2004, limitata alla ipotesi in cui, attraverso l'abuso, non vi sia stata creazione di superfici o volumi (come invece pacificamente occorso nel caso di specie).
Permesso di costruire in area vincolata: nullo senza autorizzazione paesaggistica
L’autorizzazione paesaggistica, secondo l'art. 146, comma 4, del d.lgs. 42 del 2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), costituisce un atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l'intervento urbanistico-edilizio, lo stesso permesso di costruire resta subordinato al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica la quale, però, sempre secondo la norma richiamata, non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi, tranne nei casi dei cd. «abusi minori», tassativamente individuati dall'art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. n. 42 del 2004.
Tale preclusione, considerato che l'autorizzazione paesaggistica è presupposto per il rilascio del permesso di costruire, impedisce di conseguenza anche la sanatoria urbanistica ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001.
Pertanto, in tema di sanatoria di opere realizzate in area vincolata, richiesta ai sensi dell'articolo 36 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, il rilascio postumo del permesso di costruire, in assenza di valida autorizzazione paesaggistica, non ha efficacia sanante neanche in relazione al solo profilo urbanistico dell'intervento già realizzato.
Tale sanatoria pertanto, ove concessa, deve certamente ritenersi illegittima ed entro tali limiti il giudice dell'esecuzione ha spinto il suo sindacato, escludendo la presenza di un valido titolo edilizio sopravvenuto che sia assolutamente incompatibile con l'ordine di demolizione.
Gli effetti del Salva Casa
I giudici di piazza Cavour hanno anche precisato che nel caso di specie neppure rileva quanto attualmente disposto dall'art. 36-bis del d.P.R. 380/2001 (introdotto dal c.d. Salva Casa, d.l. n. 69/2024 convertito, con modificazioni, dalla I. n. 105 del 2024 ed entrato in vigore il 30 maggio 2024).
Tale disposizione ha un ambito di applicazione estremamente limitato, riguardando esclusivamente:
- gli interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 34;
- quelli eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 37;
- in presenza di variazioni essenziali di cui all'articolo 32.
Inoltre, deve escludersi l'applicazione in via retroattiva della nuova disciplina alle istanze presentate prima della sua entrata in vigore, non rinvenendosi nel testo del d.l. n. 69/2024 alcuna disposizione transitoria in tal senso, con la conseguenza che va applicata la regola generale sancita dall'art. 11 disp. prel. c.c.
I richiamati artt. 36 e 36-bis possono, infine, trovare applicazione «fino all'irrogazione delle sanzioni amministrative», quale è certamente l'acquisizione al patrimonio immobiliare comunale di cui all'articolo 31, comma 3, d.P.R. 380/2001, che nel caso di specie è già intercorsa, con conseguente effetto preclusivo.
Il ruolo dello stato legittimo
Non solo: i giudici ribadiscono che il certificato di stato legittimo dell'immobile, rilasciato ai sensi dell'articolo 9-bis d.P.R. n. 380/2001, anche come da ultimo modificato con d.l. n. 69/2024, altro non è che un documento formale che attesta la conformità urbanistica ed edilizia di un immobile, rilasciato da un tecnico abilitato al fine di facilitare la circolazione dell'immobile cui si riferisce, ma certo non può avere alcun valore vincolante per l'autorità giudiziaria, né attestare erga omnes la regolarità del titolo edilizio in sanatoria: un immobile è legittimo, quindi trasformabile con ulteriori interventi, non tanto perché risponde al progetto di cui i competenti uffici pubblici ne hanno variamente autorizzata l'esecuzione, ma in quanto sia conforme alla disciplina urbanistico-edilizia, conformità non sussistente nel caso in esame
La sentenza
In conclusione, la Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso sia per carenza di interesse che nel merito: il fatto che l'immobile fosse stato acquisito al patrimonio immobiliare del comune rendeva in ogni caso illegittimo il titolo rilasciato in sanatoria.
Il titolo rilasciato successivamente all'acquisizione del bene al patrimonio immobiliare del comune, è in ogni caso illegittimo in quanto emesso a favore di un soggetto che non è più titolare del bene, spettando all'Amministrazione se mantenere o demolire l'opera.
In ogni caso, il rilascio di concessione o permesso in sanatoria ex art. 36 del Testo Unico Edilizia, non presuppone, quale atto implicito, la rinuncia da parte del Comune al diritto di proprietà sull'opera abusiva già acquisita al suo patrimonio a seguito del decorso del termine di 90 giorni dalla notifica dell'ordine di demolizione, non essendovi coincidenza, sul piano della competenza, tra l'organo adottante l'atto presupponente (permesso in sanatoria) - ufficio tecnico comunale - e l'organo competente alla adozione dell'atto presupposto implicito (rinuncia al diritto di proprietà), da individuarsi in distinti e superiori organi comunali.
Documenti Allegati
Sentenza