Il principio del risultato nei contratti pubblici: la giurisprudenza ne amplia la portata
Il Consiglio di Stato riconosce la portata espansiva del principio del risultato di cui all’art. 1 del D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti)
Un incentivo pubblico può essere negato per un’irregolarità formale? Qual è il limite tra rigore formale e tutela dell’interesse pubblico? E il principio del risultato, di cui all’art. 1 del nuovo Codice dei contratti, può essere utilizzato anche al di fuori del perimetro degli appalti?
Principio del risultato: interviene il Consiglio di Stato
A queste domande ha risposto il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3959 del 9 maggio 2025, con la quale la Sezione II ha accolto l’appello di una società idroelettrica, aprendo una riflessione destinata ad avere effetti ben oltre il caso concreto.
Un’occasione utile per approfondire il significato e l’ambito di applicazione del principio del risultato, la sua origine costituzionale e la sua efficacia anche in settori diversi da quelli regolati espressamente dal D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti).
La controversia ha origine da tre istanze con cui una società, titolare di impianti idroelettrici, aveva chiesto l’ammissione agli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, ai sensi del D.M. 6 luglio 2012. Il Gestore dei Servizi Energetici (GSE), pur riconoscendo il rispetto di un primo criterio tecnico di priorità, ha negato il beneficio assumendo il mancato rispetto di un secondo requisito: l’utilizzo del deflusso minimo vitale (DMV) previsto all’art. 10, comma 3, lett. e), romanino iv), del decreto ministeriale.
Per il GSE, infatti, l’assenza di un’espressa previsione del DMV nella concessione di derivazione comportava l’impossibilità di applicare tale criterio di priorità. Di conseguenza, l’ammissione agli incentivi è stata completamente negata. Dopo il ricorso al TAR (respinto), si è passati al Consiglio di Stato.
La tesi del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha riformato integralmente la sentenza di primo grado, evidenziando un punto centrale: la sussistenza del requisito relativo all’utilizzo del DMV non può essere esclusa sulla base della mera assenza di una clausola formale nella concessione. Al contrario, è necessario verificare se l’impianto, in concreto, utilizzi una parte del DMV senza alterare significativamente l’equilibrio idrico del corpo d’acqua interessato.
Richiamando una consolidata evoluzione normativa e giurisprudenziale (tra cui Cons. Stato, sez. II, n. 2342/2025 e n. 730/2024), il Collegio ha ribadito che l’obiettivo degli incentivi è promuovere impianti con impatto ambientale ridotto, anche quando l’obbligo formale del DMV non sia riportato nella concessione, ma sia comunque rispettato di fatto.
Il principio del risultato
Il punto più rilevante della sentenza risiede però nel riferimento esplicito al principio del risultato, introdotto all’art. 1 del D.Lgs. n. 36/2023 e già definito dalla Corte costituzionale (sentenza n. 132/2024) come espressione attuale del principio di buon andamento sancito dall’art. 97 della Costituzione.
“L’applicazione del principio del risultato – ossia, a ben vedere, di quello del buon andamento – al settore degli incentivi energetici comporta infatti che questi non possano essere negati unicamente per motivi formali, dovendosi accertare se sia stato in concreto pregiudicato l’interesse sotteso all’adempimento”. È qui che la sentenza assume un rilievo di sistema. Il Consiglio di Stato riconosce al principio del risultato una portata espansiva, che travalica i confini del solo settore dei contratti pubblici e permea ogni ambito dell’azione amministrativa.
Il principio del risultato come regola generale
L’art. 1 del D.Lgs. n. 36/2023 non si limita a stabilire un criterio guida per la gestione degli appalti, ma – come confermato dal Consiglio di Stato e dalla Corte costituzionale – declina il principio costituzionale del buon andamento, assumendo valore interpretativo generale.
Di conseguenza, diventa parametro:
- per valutare la legittimità delle decisioni amministrative;
- per interpretare le clausole regolamentari e normative;
- per orientare il bilanciamento tra forma e sostanza;
- per evitare che la rigidità formale sacrifichi ingiustificatamente l’interesse pubblico.
Un orientamento che trova ormai conferma in numerose sentenze e interventi dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC). A titolo esemplificativo ma non esaustivo:
- con la sentenza 27 novembre 2024, n. 9510, il Consiglio di Stato aveva già affermato che i principi contenuti nei primi articoli del Codice dei contratti sono espressione di valori primari che affondano le loro radici nei precetti di cui all’articolo 97 della Costituzione e devono rappresentare la bussola per le stazioni appaltanti durante l’espletamento delle procedure di gara;
- anche con la sentenza 1 ottobre 2024, n. 7875, il Consiglio di Stato si era soffermato sul concetto dei “formalismi” che non possono guidare le scelte di chi deve decidere;
- più recentemente, con la sentenza 27 febbraio 2025, n. 1707 aveva chiarito la necessità di non perdere di vista l’obiettivo prioritario di selezionare l’offerta migliore;
- anche ANAC, con delibera 16 dicembre 2024, n. 590, aveva confermato che il principio del risultato va inquadrato nel contesto della legalità e della concorrenza.
Concetti che, con il nuovo intervento, si possono ritenere estensivi anche il altri ambiti oltre a quelli stabiliti dal Codice dei contratti pubblici.
Conclusioni
La nuova sentenza del Consiglio di Stato costituisce una tappa fondamentale nell’evoluzione interpretativa del principio del risultato. Una importantissima pronuncia che dovrà fare riflettere e che:
- conferma la centralità della valutazione sostanziale rispetto al formalismo documentale;
- estende l’ambito di applicazione del principio del risultato anche a settori ulteriori rispetto al Codice dei contratti;
- valorizza una concezione funzionale dell’amministrazione pubblica, orientata agli effetti concreti e all’effettivo perseguimento dell’interesse pubblico.
Si tratta di un vero e proprio cambio di prospettiva che impone un’attenzione nuova al bilanciamento tra forma e sostanza, tra procedura e obiettivo.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 9 maggio 2025, n. 3959