Costruire in zona agricola: quando è possibile e perché il contratto agrario non basta
Il Consiglio di Stato chiarisce che il permesso di costruire in area agricola è legittimo solo se l’intervento è realmente funzionale alla conduzione del fondo, dimostrata con documentazione anteriore
Si può costruire in zona agricola? Quali requisiti servono? E quando un contratto agrario è davvero rilevante?
Costruzioni in zona agricola: cosa si può fare (e cosa no)
Nonostante i limiti stringenti imposti dalla disciplina edilizia, è possibile ottenere un permesso di costruire in zona agricola per realizzare manufatti effettivamente funzionali alla conduzione del fondo. Tuttavia, la normativa – e la giurisprudenza – richiedono che tale funzionalità sia dimostrata in modo chiaro, coerente e documentato.
Lo ribadisce il Consiglio di Stato con la sentenza n. 6123 del 12 luglio 2025 , chiarendo che non è sufficiente stipulare un contratto agrario dopo l’esecuzione dei lavori né è possibile invocare genericamente la destinazione agricola dell’area per legittimare un intervento che, nei fatti, assume caratteristiche residenziali.
Il caso oggetto della sentenza
La controversia nasce da un permesso di costruire rilasciato nel 2017 per una piccola costruzione agricola, formalmente destinata al deposito attrezzi, su iniziativa di un soggetto non qualificato come imprenditore agricolo. I successivi sopralluoghi comunali avevano però accertato la realizzazione di un vero e proprio edificio residenziale, con superficie ed altezza maggiorate, soppalco, bagno, impianti tecnologici e finiture incompatibili con l’uso agricolo.
Nel 2019 veniva adottata una prima ordinanza di demolizione, seguita da un procedimento penale a carico del proprietario, poi sfociato in giudizio ordinario. A seguito di ciò, un’azienda agricola (affittuaria del fondo) presentava istanza di sanatoria, sostenendo che i lavori fossero stati realizzati per le proprie esigenze aziendali. Tuttavia, il contratto agrario era stato registrato solo successivamente all’intervento edilizio, senza riscontri oggettivi circa l’effettiva conduzione agricola o l’uso abitativo dell’edificio da parte della titolare.
Nel 2021 il Comune adottava una seconda ordinanza di demolizione, ritenendo decaduto il permesso di costruire per mancato avvio dei lavori entro l’anno. L’ordinanza veniva impugnata dinanzi al TAR, che inizialmente disponeva la sospensione cautelare per consentire un approfondimento amministrativo sulla posizione dell’azienda agricola.
L’istruttoria accertava che:
- il contratto di affitto non era esistente nel 2017;
- la registrazione era avvenuta nel 2019, a lavori già conclusi;
- l’edificio non risultava né abitato né funzionalmente utilizzato per attività agricole;
- mancavano allacci ai servizi pubblici essenziali.
Il TAR respingeva il ricorso confermando la natura abusiva dell’intervento, rilevando la totale difformità urbanistica e l’assenza dei presupposti soggettivi e oggettivi richiesti per costruire in zona agricola.
Il ricorso e la decisione del Consiglio di Stato
In appello, l’originario ricorrente contestava la decisione, sostenendo che:
- i lavori sarebbero stati effettivamente eseguiti entro i termini, seppur senza comunicazione formale;
- sarebbe stata presentata una richiesta di sanatoria, non adeguatamente esaminata;
- la decadenza del titolo edilizio sarebbe superabile alla luce della documentazione presentata dall’affittuaria agricola.
Il Consiglio di Stato, confermando la sentenza di primo grado, ha respinto l’appello, ribadendo che la costruzione residenziale non poteva essere sanata in assenza di doppia conformità, che il contratto agrario prodotto non era opponibile alla P.A. e che mancava qualsiasi collegamento concreto tra il manufatto e l’attività agricola effettiva.
Il quadro normativo di riferimento
La decisione si inserisce nel quadro normativo che disciplina l’edificazione in zona agricola e i limiti dell’accertamento di conformità:
- art. 31 d.P.R. 380/2001: ordinanza di demolizione per opere abusive e acquisizione gratuita al patrimonio pubblico;
- art. 36 d.P.R. 380/2001: sanatoria possibile solo in caso di doppia conformità (alla disciplina vigente al momento della realizzazione e a quella attuale);
- L.R. Lombardia n. 12/2005, artt. 59 e 60: costruzioni ammesse solo se strettamente funzionali alla conduzione del fondo da parte di imprenditori agricoli, con esigenze abitative documentate;
- art. 41 della L. n. 203/1982: opponibilità del contratto agrario solo se registrato con data certa anteriore.
Analisi tecnica
Il Consiglio di Stato ha confermato il diniego alla sanatoria e la legittimità dell’ordine di demolizione, evidenziando alcuni principi chiave:
- è legittimo rilasciare permessi in zona agricola, ma solo se l’opera è strettamente funzionale alla conduzione del fondo e vi sia coerenza tra soggetto richiedente, attività agricola esercitata e tipo di immobile;
- il contratto agrario prodotto nel caso esaminato era inidoneo, perché registrato successivamente alla realizzazione dell’abuso, senza prova della sua concreta esecuzione o dell’attività agricola svolta;
- il manufatto non corrispondeva affatto al titolo edilizio: dimensioni, altezza, impianti e arredi lo qualificavano inequivocabilmente come abitazione, non deposito agricolo.
Conclusioni operative
Chi intende costruire in zona agricola deve sapere che è sì possibile ottenere un permesso di costruire, ma solo a precise condizioni. La costruzione deve essere realmente funzionale alla conduzione del fondo e collegata a un’attività agricola effettivamente esercitata. Non basta indicare genericamente una destinazione d’uso o produrre documentazione formale: occorrono elementi sostanziali e documentabili, anteriori all’esecuzione dei lavori.
La figura dell’imprenditore agricolo – o dell’affittuario – deve essere reale, operativa e dimostrata con atti certi: fascicolo aziendale, iscrizione a INPS, visura camerale, contratti agrari registrati prima dell’intervento. Non è ammessa una “agricoltura di comodo” finalizzata solo ad aggirare i vincoli edificatori.
La sentenza conferma che l’edilizia in zona agricola è eccezione alla regola e non può essere strumentalizzata. Serve coerenza tra destinazione urbanistica, titolo edilizio, attività agricola effettiva e caratteristiche dell’immobile. Qualsiasi scostamento può legittimare l’ordine di demolizione, senza possibilità di sanatoria.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 12 luglio 2025, n. 6123